Il Giardino dei Tarocchi Featured
Località Garavicchio
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Il Giardino dei Tarocchi è un parco artistico composto da ciclopiche sculture, alte dai 12 ai 15 metri, raffiguranti i 22 arcani maggiori dei tarocchi.
Il giardino è un vero e proprio museo a cielo aperto, perfettamente inserito nel paesaggio collinare della Maremma, un parco di eccezionale fascino, unico al mondo, uno degli esempi d’arte ambientale più importanti d'Italia.
Seguendo l'ispirazione avuta durante la visita al Parque Guell di Antoni Gaudí a Barcellona, poi rafforzata dalla visita al giardino di Bomarzo, Niki de Saint Phalle inizia la costruzione del Giardino dei Tarocchi nel 1979, su un terreno di mezzo ettaro ricoperto dalla macchia mediterranea sulla collina di Garavicchio presso Capalbio, in Maremma, messo a disposizione da Nicola e Carlo Caracciolo grazie alla mediazione di Marella Agnelli Caracciolo.
Identificando nel Giardino il sogno magico e spirituale della sua vita, Niki de Saint Phalle si è dedicata alla costruzione delle ventidue imponenti figure in acciaio e cemento ricoperte di vetri, specchi e ceramiche colorate, per più di diciassette anni, affiancata, oltre che da diversi operai specializzati (Tonino Urtis, Marco Iacotonio, Ugo Celletti, Claudio Celletti), da un'equipe di nomi famosi dell'arte contemporanea come Rico Weber, Sepp Imhof, Paul Wiedmer, Dok van Winsen, Pierre Marie ed Isabelle Le Jeune, Alan Davie, Marino Karella e soprattutto dal marito Jean Tinguely, scomparso nel 1991, che ha creato le strutture metalliche delle enormi sculture e ne ha integrate alcune con le sue mécaniques, assemblaggi semoventi di elementi meccanici in ferro.
All'opera hanno collaborato anche Ricardo Menon, amico ed assistente personale di Niki de Saint Phalle anch'egli scomparso pochi anni orsono, e Venera Finocchiaro, ceramista romana; le sculture più piccole del Giardino (la Temperanza, gli Innamorati, il Mondo, l'Eremita, l'Oracolo, la Morte e l'Appeso), realizzate a Parigi con l'aiuto di Marco Zitelli, sono state poi prodotte in poliestere da Robert, Gerard e Olivier Haligon.
Hanno collaborato all'organizzazione amministrativa Gigi Pegoraro e Paola Aureli, mentre Gian Piero Ottavi ha curato l'aspetto strettamente botanico.
L'architetto ticinese Mario Botta ha disegnato il padiglione di ingresso - uno spesso muro di recinzione con una sola grande apertura circolare al centro, pensato come una soglia che divida nettamente il Giardino dalla realtà quotidiana. Nello spessore del muro è sistemata la boutique-biglietteria con arredi di Pierre Marie le Jeune, al quale si devono anche i sedili in terracotta accanto alla fontana e le sedie in ceramica all'interno dell'Imperatrice/Sfinge, enorme scultura-casa per lunghi periodi utilizzata da Niki de Saint Phalle come abitazione durante i lavori del Giardino.
Collaboratore di Niki per molti anni e progettista del nuovo atelier, insieme a Tinguely, è stato l’architetto grossetano Roberto Aureli. L’edificio di circa 200 m2 e terminato nel 1990 ha ospitato gli ultimi soggiorni di Niki. Completamento incassato nella roccia, è coperto da un rigoglioso giardino pensile su cui poggia “la Luna”. Nel 1996 Aureli è stato consulente di Botta per la realizzazione del muro d’ingresso.
Terminata solo nell'estate del 1996, la realizzazione del Giardino ha comportato, oltre ad un enorme lavoro di impianto, una spesa di circa 10 miliardi di lire interamente autofinanziati dall'autrice.
Nel 1997 Niki de Saint Phalle ha costituito la Fondazione Il Giardino dei Tarocchi il cui scopo è quello di preservare e mantenere l'opera realizzata dalla scultrice. La costituzione della Fondazione è stata curata da Marie France D. Pestel-Debord, attuale Vice-Presidente, e da Stefano Mancini, Segretario Generale. Il 15 maggio 1998 il Giardino dei Tarocchi è stato aperto al pubblico
Il giardino è un vero e proprio museo a cielo aperto, perfettamente inserito nel paesaggio collinare della Maremma, un parco di eccezionale fascino, unico al mondo, uno degli esempi d’arte ambientale più importanti d'Italia.
Seguendo l'ispirazione avuta durante la visita al Parque Guell di Antoni Gaudí a Barcellona, poi rafforzata dalla visita al giardino di Bomarzo, Niki de Saint Phalle inizia la costruzione del Giardino dei Tarocchi nel 1979, su un terreno di mezzo ettaro ricoperto dalla macchia mediterranea sulla collina di Garavicchio presso Capalbio, in Maremma, messo a disposizione da Nicola e Carlo Caracciolo grazie alla mediazione di Marella Agnelli Caracciolo.
Identificando nel Giardino il sogno magico e spirituale della sua vita, Niki de Saint Phalle si è dedicata alla costruzione delle ventidue imponenti figure in acciaio e cemento ricoperte di vetri, specchi e ceramiche colorate, per più di diciassette anni, affiancata, oltre che da diversi operai specializzati (Tonino Urtis, Marco Iacotonio, Ugo Celletti, Claudio Celletti), da un'equipe di nomi famosi dell'arte contemporanea come Rico Weber, Sepp Imhof, Paul Wiedmer, Dok van Winsen, Pierre Marie ed Isabelle Le Jeune, Alan Davie, Marino Karella e soprattutto dal marito Jean Tinguely, scomparso nel 1991, che ha creato le strutture metalliche delle enormi sculture e ne ha integrate alcune con le sue mécaniques, assemblaggi semoventi di elementi meccanici in ferro.
All'opera hanno collaborato anche Ricardo Menon, amico ed assistente personale di Niki de Saint Phalle anch'egli scomparso pochi anni orsono, e Venera Finocchiaro, ceramista romana; le sculture più piccole del Giardino (la Temperanza, gli Innamorati, il Mondo, l'Eremita, l'Oracolo, la Morte e l'Appeso), realizzate a Parigi con l'aiuto di Marco Zitelli, sono state poi prodotte in poliestere da Robert, Gerard e Olivier Haligon.
Hanno collaborato all'organizzazione amministrativa Gigi Pegoraro e Paola Aureli, mentre Gian Piero Ottavi ha curato l'aspetto strettamente botanico.
L'architetto ticinese Mario Botta ha disegnato il padiglione di ingresso - uno spesso muro di recinzione con una sola grande apertura circolare al centro, pensato come una soglia che divida nettamente il Giardino dalla realtà quotidiana. Nello spessore del muro è sistemata la boutique-biglietteria con arredi di Pierre Marie le Jeune, al quale si devono anche i sedili in terracotta accanto alla fontana e le sedie in ceramica all'interno dell'Imperatrice/Sfinge, enorme scultura-casa per lunghi periodi utilizzata da Niki de Saint Phalle come abitazione durante i lavori del Giardino.
Collaboratore di Niki per molti anni e progettista del nuovo atelier, insieme a Tinguely, è stato l’architetto grossetano Roberto Aureli. L’edificio di circa 200 m2 e terminato nel 1990 ha ospitato gli ultimi soggiorni di Niki. Completamento incassato nella roccia, è coperto da un rigoglioso giardino pensile su cui poggia “la Luna”. Nel 1996 Aureli è stato consulente di Botta per la realizzazione del muro d’ingresso.
Terminata solo nell'estate del 1996, la realizzazione del Giardino ha comportato, oltre ad un enorme lavoro di impianto, una spesa di circa 10 miliardi di lire interamente autofinanziati dall'autrice.
Nel 1997 Niki de Saint Phalle ha costituito la Fondazione Il Giardino dei Tarocchi il cui scopo è quello di preservare e mantenere l'opera realizzata dalla scultrice. La costituzione della Fondazione è stata curata da Marie France D. Pestel-Debord, attuale Vice-Presidente, e da Stefano Mancini, Segretario Generale. Il 15 maggio 1998 il Giardino dei Tarocchi è stato aperto al pubblico
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Reviews (1)
byFred
April 19, 2012
1 of 1 people found this review helpful
Visitare questo luogo è qualcosa che all'inizio fa sollevare un sopracciglio dal dubbio tanto è strano l'impatto fra l'ordine delle forme cui si è abituati e le curve e le figure giganti e grottesche cui ci si affaccia.
Dopo qualche minuto l'espressione cambia e si resta letteralmente a bocca aperta e ci si ritrova tempo dopo a giocare come bambini fra i dettagli, i giochi di specchi e di luci perdendo il senso del tempo e dello spazio cui siamo abituati.
Dopo qualche minuto l'espressione cambia e si resta letteralmente a bocca aperta e ci si ritrova tempo dopo a giocare come bambini fra i dettagli, i giochi di specchi e di luci perdendo il senso del tempo e dello spazio cui siamo abituati.