Pietro Solimeno: passione e successi letterari
Federico - Premi, applausi, riconoscimenti. Bello essere famosi! Quanto ti spingono a continuare a sfornare altre opere e a migliorare di volta in volta?
Pietro - A essere sinceri, non molto. Ricevere riconoscimenti come attestati, coppe, targhe e chi più ne ha più ne metta (lo so, è una frase fatta), non spinge certo a scrivere ancora e meglio. Forse un aiutino morale si riceve da tutto questo, d'accordo, ma scrivere vuol dire altro, specialmente per chi non vive dei propri romanzi. È una sensazione particolare quella di creare personaggi cui dare vita: entrano in te. Sono come amici che riprendono a esistere quando apri il file del romanzo. Ti seguono anche quando il file è chiuso, ma in modo diverso. Ci parli, li fai parlare, li fai litigare, li fai gioire e piangere. Ti senti un po' "creatore", dai un soffio di vita a personaggi che esistono solo nella fantasia, e quando vai a letto, prima di addormentarti ti poni mille domande su come gestirai le vite e le emozioni che hai creato... ti senti responsabile.
Un'amica, arrabbiatissima, un giorno mi ha detto: "Non dovevi far morire Giorgio, ci sono rimasta male!".
Diciamo che è stata una soddisfazione. Non nel senso dell'aver fatto arrabbiare quest'amica, chiaramente, ma sapere di aver creato un personaggio che ha lasciato un segno.
Per quanto riguarda la fama, spesso è imbarazzante: incontri persone che ti chiedono un autografo, altri che invece ti evitano perché hai trattato un argomento talmente delicato da aver colpito la loro sensibilità (chiaramente non condividono il mio pensiero).
Nel 2006 mi recai vicino a Milano per ritirare un riconoscimento. Con il romanzo "Lisa" riuscii ad aggiudicarmi il primo premio superando scrittori molto più famosi di me. Quando vidi la graduatoria, rimasi perplesso, i partecipanti erano più di mille. Si sono sbagliati, pensai. Mentre stavo cercando la sala dove si sarebbe svolta la premiazione, notai una ragazza con dei libri tra le mani, tra i quali il mio. Mi avvicinai a lei per avere informazioni su dove si trovasse la sala dove avrei dovuto ricevere il premio. Mi chiese di seguirla, si stava recando anche lei alla premiazione. Il mio primo dialogo con un’ammiratrice:
«Va ad assistere alla premiazione?»
«Sì» risposi.
«Ha qualche amico o parente tra i premiati?»
«Vado a ritirare il mio premio».
Appena finita la frase, si fermò e disse: «Lei è Pietro Solimeno!»
Mia moglie, in seguito, disse che ero arrossito. Era una della commissione esaminatrice, la quale mi confermò che ero stato votato all'unanimità. Certo, è una soddisfazione, ma restiamo con i piedi per terra.
Federico - Domanda da informatico: carta stampata o libro elettronico?
Pietro - Carta stampata, senza dubbio. È chiaro che leggere costa, e per risparmiare si può ricorrere al formato elettronico. Ci ho provato, lo ammetto, ma quando mi avvicino alla mia biblioteca e prendo in mano un libro, magari scritto moltissimi anni fa, annusarlo è come tornare indietro nel tempo, viaggiare con lui. Sono sensazioni da provare.
Federico - Cosa consigli a chi pensa di avere talento e vuole iniziare a scrivere seriamente?
Pietro - Certamente di scrivere sempre e tanto. Maturare nello scrivere è frutto dell'esercizio, ma con una premessa: dimenticavi di vivere con la scrittura, a meno che in voi non ci sia un nuovo fenomeno della letteratura. Oppure, andate a fare la velina, o il calciatore, o il comico e dopo, cimentatevi con la scrittura. In questo caso, venderete di sicuro.
Federico - Prima di salutarti ti faccio un'ultima domanda, una di quelle davvero di rito: che cosa bolle in pentola? Cosa ti aspetti dal futuro?
Pietro - Ho pronto il mio ultimo romanzo, già presentato alla casa editrice, di cui ti anticipo il titolo: "Il soffio dell'Angelo", che uscirà alla fine dell'anno. Come avrai capito, ogni mio romanzo affronta un tema diverso, e questa volta si parla di genetica. Un'indiscrezione, per te e per chi leggerà queste righe: metterò le mani sul primo computer quantico… nel romanzo, chiaramente.
Dal futuro non mi aspetto nulla, lascio che diventi il presente, e basta.
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